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Omissioni: come l’assenza definisce il nostro spazio

Omissioni: come l'assenza definisce il nostro spazio

Omissioni: come l'assenza definisce il nostro spazio

L’assenza ha una voce, un peso e una presenza che spesso sfugge al nostro sguardo. In un mondo in cui il visibile sovrasta il nascosto, è fondamentale soffermarsi su ciò che non si vede ma esiste, su quel vuoto che parla e che, in qualche modo, plasma la nostra realtà. La mostra “Omissioni”, che si terrà allo Studio Giga di Roma dal 4 al 25 giugno, si propone di esplorare queste tematiche attraverso le opere di due artisti, Diana Pintaldi e Raimondo Coppola, che invitano il pubblico a una profonda riflessione sull’invisibile.

Il progetto espositivo, curato da Matteo Peretti e Bianca Catalano, rappresenta non solo un incontro tra due artisti, ma anche un’opportunità per il pubblico di confrontarsi con un processo di catalogazione di segnali e presenze sommerse. In un momento storico in cui la narrazione dominante tende a escludere o ignorare certe realtà, “Omissioni” si propone come un archivio dell’esistente che non ha ancora trovato un nome, un luogo di ascolto e riflessione. Questo approccio si rivela particolarmente rilevante in un’epoca in cui il concetto di inclusività è sempre più centrale, non solo nelle pratiche artistiche ma anche nelle dinamiche sociali e culturali.

Le opere di Diana Pintaldi

Diana Pintaldi, nelle sue installazioni “Lilith” e “Dimmi, che colore ha la tua voce?”, si concentra sul suono e le sue corrispondenze. Attraverso un’analisi della corporeità della voce, l’artista esplora come timbri, ritmi e intensità possano trasformarsi in colore e quindi in forma. Questa idea di tradurre l’invisibile in qualcosa di tangibile è un tema ricorrente nell’arte contemporanea, dove gli artisti cercano di dare vita a esperienze sensoriali che coinvolgano lo spettatore in modo diretto e personale. In “Lilith”, ad esempio, Pintaldi gioca con l’idea di una voce che, pur essendo assente, riesce a evocare emozioni profonde e ricordi, creando un legame tra l’osservatore e l’opera che va oltre il semplice guardare.

L’approccio di Raimondo Coppola

Raimondo Coppola, d’altro canto, affronta l’assenza da una prospettiva diversa con la sua opera “Stato di Emergenza”. Qui, l’artista si concentra su forme di vita non umane, spesso escluse dalle narrazioni predominanti. Attraverso una ricerca sulle piante spontanee che crescono nei contesti urbani, Coppola sviluppa un archivio digitale in continuo aggiornamento, un database aperto alla cittadinanza che raccoglie dati e immagini di specie vegetali “non riconosciute”. Queste piante, considerate infestanti o trascurate, diventano simbolo di una resistenza silenziosa, di una vita che persiste nonostante l’indifferenza dell’ambiente circostante. In questo modo, Coppola invita il pubblico a riflettere su come l’assenza di attenzione verso queste forme di vita possa influenzare le nostre città e, in ultima analisi, le nostre vite.

L’importanza dell’archiviazione

La scelta di entrambi gli artisti di lavorare con l’idea di archiviazione è particolarmente significativa. In un’epoca in cui i dati e le informazioni sono sempre più centralizzati e controllati da grandi aziende e istituzioni, il loro approccio si configura come un atto di resistenza. L’archivio di Coppola, ad esempio, non è solo una raccolta di immagini e dati, ma un invito a ripensare il nostro rapporto con la natura e con ciò che consideriamo “utile” o “prezioso”. La sua opera ci sfida a riconsiderare il valore di ciò che ci circonda, a guardare oltre le superfici e a scoprire la bellezza e la complessità di ciò che è spesso trascurato.

“Omissioni” si presenta quindi non solo come una mostra d’arte, ma come un’esperienza sensoriale e intellettuale che invita a esplorare le sfumature dell’esistenza. La curatela di Matteo Peretti e Bianca Catalano arricchisce ulteriormente questo progetto, creando un dialogo tra le opere che stimola la curiosità e la riflessione. La mostra diventa così un luogo di incontro, dove il pubblico è incoraggiato a partecipare attivamente e a interrogarsi su ciò che significa davvero vedere e ascoltare.

L’assenza, in questo contesto, non è solo un vuoto da riempire, ma una presenza che invita a esplorare nuovi significati e nuove narrazioni. In un mondo in cui il rumore e l’iperproduzione di immagini possono facilmente sopraffare, “Omissioni” ci ricorda l’importanza di ascoltare il silenzio, di prestare attenzione a ciò che è invisibile e di riconoscere il valore delle ombre che popolano il nostro spazio quotidiano.