Federico Palmaroli svela la genesi del suo ‘mio’ Osho

Federico Palmaroli svela la genesi del suo 'mio' Osho
Federico Palmaroli, celebre per la sua satira pungente e per la creazione della pagina “Le più belle frasi di Osho”, ha recentemente condiviso la sua storia durante un evento al forum ANSA, moderato da Domenico Palesse, nel contesto del “Villaggio IN Italia” a Civitavecchia. Questo evento ha avuto luogo a bordo della nave Amerigo Vespucci, dove Palmaroli ha non solo espresso la sua visione artistica, ma ha anche dedicato una vignetta al veliero, mostrando la sua inconfondibile ironia con la frase: “Che poi la barca non è tanto fassela, ma mantenella”.
La passione per la satira
La passione per la satira di Palmaroli ha radici profonde, risalenti alla sua infanzia, quando sfogliava fumetti iconici come Alan Ford e Diabolik. Dopo dieci anni di attività, si considera ancora un autore satirico e un amante del divertimento. La sua pagina Facebook è nata in un periodo di noia, un angolo virtuale che ha deciso di riempire con un po’ di umorismo. La vera svolta è arrivata quando ha cominciato a parodiare Osho, un maestro spirituale indiano la cui filosofia ha trovato spazio sui social.
L’evoluzione del suo lavoro
Tuttavia, l’uso delle immagini di Osho non è durato a lungo. Dopo che gli eredi del maestro spirituale hanno percepito un possibile dileggio, Palmaroli ha deciso di interrompere questa pratica, rispettando la volontà dei familiari. Nonostante ciò, continua a sostenere che Osho, se fosse stato in vita, non avrebbe avuto nulla in contrario al suo approccio satirico. Questo ha permesso a Palmaroli di mantenere viva la figura del maestro spirituale in un contesto più leggero e accessibile.
La popolarità della pagina di Palmaroli è esplosa, raggiungendo circa 1,2 milioni di follower. La sua satira, pur partendo da una base di ironia romanesca, riesce a toccare una vasta gamma di personaggi pubblici, da Donald Trump a Papa Francesco, passando per figure politiche italiane come Giorgia Meloni. Secondo Palmaroli, “più un personaggio è alto spiritualmente, più si diverte a farlo parlare in romanesco”, una riflessione che cerca di sdrammatizzare le figure di potere.
La satira e il politically correct
Un aspetto interessante della carriera di Palmaroli è la sua visione del politically correct. Ha espresso la sua opinione su questo tema, rivelando come possa rappresentare un ostacolo per chi fa satira. “È come se fossi in una riserva indiana”, ha commentato, descrivendo un ambiente artistico dominato dalla sinistra. Nonostante ciò, la sua satira riesce a trascendere le divisioni politiche, facendo ridere indistintamente sia a destra che a sinistra.
Palmaroli ha anche dei limiti, riconoscendo di non riuscire a ironizzare sulla morte, dimostrando un rispetto per le sensibilità altrui. Inoltre, ha espresso preoccupazione per l’intelligenza artificiale, ammettendo di essere spaventato da questa nuova tecnologia, ma anche di essere disposto a confrontarsi con essa. Ha sperimentato l’uso dell’IA, creando contenuti che uniscono elementi di cultura popolare, come un’immagine animata di Trump con una famosa frase del film “Non ci resta che piangere”.
La chiave del suo successo risiede nella capacità di raccontare le vicende quotidiane in modo comico, utilizzando il dialetto romanesco come strumento di connessione. In un contesto di divisioni politiche e sociali, Palmaroli riesce a far ridere attraverso un linguaggio comune, permettendo a tutti di identificarsi con le sue vignette. Le sue creazioni rappresentano un rifugio dove le persone possono dimenticare le loro antipatie e semplicemente divertirsi, dimostrando che, alla fine, la risata è un linguaggio universale.