Malata di Sla sfida la legge: ricorso per il suicidio assistito negato

Malata di Sla sfida la legge: ricorso per il suicidio assistito negato
In un contesto in cui il dibattito su eutanasia e suicidio assistito sta guadagnando sempre più rilevanza, emerge la storia di una donna campana di 44 anni, affetta da sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Identificata con il nome di fantasia Coletta per tutelare la sua privacy, ha recentemente ricevuto un diniego dalla propria azienda sanitaria per accedere al suicidio medicalmente assistito, spingendola a rivolgersi ai giudici per far valere i propri diritti.
La condizione di Coletta e il suo appello alla dignità
La sclerosi laterale amiotrofica è una malattia neurodegenerativa che colpisce le cellule nervose nel cervello e nel midollo spinale, causando una progressiva perdita di funzionalità muscolare e compromettendo gravemente la qualità della vita. Coletta, consapevole della sua condizione, ha dichiarato di sentirsi “condannata a soffrire” e non accetta che la sua volontà venga ignorata da valutazioni che non considerano né la sua salute né il diritto a una vita dignitosa.
Il dibattito pubblico e il ruolo delle associazioni
Il diniego dell’ASL ha innescato un acceso dibattito, con l’Associazione Luca Coscioni che sostiene Coletta e altre persone in situazioni simili. Questo rappresenta il terzo caso di richiesta di suicidio assistito in Campania. La segretaria nazionale dell’associazione, l’avvocato Filomena Gallo, ha definito “sconcertante e inumano” il rifiuto dell’ASL, sottolineando il contrasto con le sentenze della Corte Costituzionale che riconoscono il diritto all’autodeterminazione.
Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione, ha aggiunto che la proposta di legge regionale per il suicidio assistito, presentata oltre un anno fa, è rimasta senza discussione. La posizione del presidente della Campania, Vincenzo De Luca, ha ulteriormente complicato la situazione, bloccando la legge in attesa di consultazioni con la Conferenza Episcopale, senza però organizzare incontri concreti. Questa impasse ha privato i cittadini di una risposta chiara su un tema così cruciale.
La lotta di Coletta per i propri diritti
Dopo il diniego, Coletta ha fatto appello all’ASL per una rivalutazione urgente delle sue condizioni, richiedendo la trasmissione del parere del comitato etico, senza ricevere alcuna risposta. Questa mancanza di riscontri l’ha costretta a presentare un ricorso d’urgenza al tribunale di Napoli, dimostrando la sua determinazione a perseguire il diritto di scegliere il proprio destino.
La questione del suicidio assistito in Italia è divisiva. Da un lato, ci sono coloro che sostengono il diritto individuale di porre fine alla propria sofferenza; dall’altro, ci sono timori riguardo a possibili abusi e pressioni sui più vulnerabili. Queste paure sono alimentate da un dibattito polarizzato, che spesso ignora le esperienze di chi vive situazioni di grande sofferenza.
La necessità di una legislazione chiara
Il caso di Coletta mette in evidenza l’importanza di una legislazione chiara e di procedure che rispettino i diritti dei malati. In molti paesi, il suicidio assistito è regolato da leggi specifiche che definiscono le condizioni per accedervi. In Italia, la mancanza di una legge chiara crea un vuoto normativo, costringendo le persone a ricorrere a vie legali per far valere i propri diritti.
Le storie di persone come Coletta richiamano l’attenzione sulla necessità di una discussione aperta e onesta su questi temi. È fondamentale che le istituzioni ascoltino le voci di chi vive queste esperienze e che vengano create leggi che tutelino i diritti dei malati, garantendo loro la possibilità di scegliere il proprio destino in modo dignitoso.
La lotta di Coletta non è solo una questione personale, ma un simbolo della battaglia più ampia per i diritti dei malati e per il riconoscimento dell’autodeterminazione. La sua determinazione a combattere per il proprio diritto di scegliere è un esempio di coraggio che potrebbe ispirare molti altri in situazioni simili. In un momento in cui la società deve confrontarsi con la sofferenza e le scelte di vita e di morte, la sua storia rimane un potente monito sulla necessità di un cambiamento.