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L’Ucei chiede alla Fiera di Levante di riconsiderare la sua posizione contro l’odio

L'Ucei chiede alla Fiera di Levante di riconsiderare la sua posizione contro l'odio

L'Ucei chiede alla Fiera di Levante di riconsiderare la sua posizione contro l'odio

La recente esclusione di Israele dalla Fiera del Levante ha generato una forte reazione da parte di Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (Ucei). In una nota, Di Segni ha invitato il presidente della fiera, Alberto Frulli, a riconsiderare questa decisione, sottolineando che tale scelta non solo è divisiva, ma rischia di alimentare sentimenti di odio anziché promuovere una vera comprensione e dialogo tra le diverse culture.

Di Segni ha chiarito che ci sono modi più efficaci per supportare la popolazione civile palestinese, piuttosto che escludere un Paese intero e le sue aziende da eventi internazionali. Ha affermato: “Il boicottaggio di Israele nel suo complesso non solo non aiuterà i bambini di Gaza a recuperare la loro infanzia e i loro sogni, ma non contribuirà nemmeno a creare una classe dirigente palestinese capace di sviluppare un’economia sostenibile.” Queste parole rispecchiano una realtà complessa, in cui i conflitti geopolitici si intrecciano con le vite quotidiane delle persone, sia israeliane che palestinesi.

la cooperazione come alternativa all’esclusione

L’analisi di Di Segni si estende oltre la mera esclusione, toccando temi come lo sviluppo economico e la cooperazione. Diverse aziende israeliane, in particolare quelle dei kibbutz e delle città colpite dagli attacchi dell’7 ottobre, hanno storicamente lavorato per promuovere modelli di sviluppo sostenibili e per costruire legami con le comunità palestinesi. Di Segni ha spiegato che “queste aziende hanno investito in tecnologie innovative, specialmente nel settore dell’agricoltura e della gestione delle risorse idriche, portando benefici tangibili anche alla popolazione palestinese.”

In un contesto come quello della Puglia, dove l’agricoltura e il turismo giocano un ruolo cruciale nell’economia locale, l’assenza di rappresentanza israeliana potrebbe comportare una perdita significativa. Di Segni ha aggiunto: “La regione sta già affrontando sfide economiche e sociali e l’esclusione di aziende che potrebbero contribuire a un futuro migliore non è solo illogica, ma dannosa.” La cooperazione tra Paesi con culture e storie diverse è fondamentale per costruire ponti piuttosto che muri.

il paradosso dell’esclusione

Di Segni ha messo in evidenza un paradosso nella logica di esclusione adottata per la Fiera del Levante. Se si applica un filtro morale che porta a escludere nazioni in base alle loro politiche, ci si aspetterebbe di vedere una lista molto più lunga di Paesi che operano in contesti di violazione dei diritti umani. Ha ribadito: “Non ci sono tracce di esclusione nella linea politica adottata per questa fiera riguardo a nazioni coinvolte in guerre sanguinarie o in gravi violazioni dei diritti umani,” evidenziando l’ironia di una scelta che potrebbe apparire più come una mossa politica che come una vera azione a favore della pace e della giustizia.

La Fiera del Levante, storicamente un’importante piattaforma per il commercio e la cultura, ha il potenziale di diventare un luogo di dialogo e scambio. Di Segni ha suggerito che invitare aziende e esperti israeliani che hanno già lavorato per promuovere il bene delle comunità locali, inclusa Gaza, potrebbe essere una mossa vincente. Si è chiesta: “Perché non coinvolgere queste realtà che possono portare soluzioni innovative e pratiche per affrontare le sfide quotidiane?”

un appello alla responsabilità

In un momento in cui il mondo sembra sempre più polarizzato, le parole di Di Segni risuonano come un appello alla responsabilità. La sua richiesta di riconsiderare l’esclusione di Israele dalla fiera si fonda su una visione di cooperazione piuttosto che di divisione. Ha affermato: “Dobbiamo promuovere relazioni che generano sviluppo e bene a livello locale, non scelte che alimentano conflitti e divisioni.”

La posizione dell’Ucei si colloca in un contesto più ampio di sforzi per costruire una pace duratura in Medio Oriente. Le iniziative che mirano a unire le forze, piuttosto che escludere, sono essenziali per affrontare le sfide storiche e contemporanee che interessano la regione. La Fiera del Levante, come punto di incontro culturale e commerciale, potrebbe rappresentare un’opportunità unica per avviare un dialogo costruttivo.

In definitiva, la richiesta di Di Segni non è solo un invito a riconsiderare una decisione, ma un appello a riflettere su come le scelte fatte in contesti pubblici possano influenzare profondamente le dinamiche di pace e cooperazione. La speranza è che eventi come la Fiera del Levante possano diventare spazi in cui si costruiscono legami, si condividono idee e si promuovono soluzioni collaborative, piuttosto che essere palcoscenici di divisione e conflitto.