Kara Walker ribalta la storia: una statua sudista si trasforma in un mostro contro Trump

Kara Walker ribalta la storia: una statua sudista si trasforma in un mostro contro Trump
Kara Walker, artista afroamericana di fama internazionale, continua a sfidare le convenzioni e le narrative storiche attraverso le sue opere provocatorie. La sua ultima creazione, un’imponente installazione che trasforma la statua del generale sudista Stonewall Jackson in un inquietante mostro senza testa, rappresenta un atto di ribellione contro il passato razzista degli Stati Uniti e un commento diretto sulle attuali tensioni razziali. La statua, rimossa nel 2021 durante le proteste del movimento Black Lives Matter a Charlottesville, è stata acquistata dalla galleria The Bricks e affidata a Walker per una reinterpretazione che invita a una riflessione profonda.
La mostra “Monuments”
La mostra, intitolata “Monuments”, sarà inaugurata il 23 ottobre e si svolgerà tra il Museum of Contemporary Art (MoCA) di Los Angeles e The Bricks, un’innovativa galleria d’arte. L’esposizione esplorerà il destino dei monumenti ai suprematisti bianchi, molti dei quali sono stati abbattuti in risposta alle proteste scatenate dall’omicidio di George Floyd da parte di poliziotti bianchi a Minneapolis nel maggio 2020. La rimozione di queste statue ha segnato un momento cruciale nella lotta per i diritti civili e ha spinto molti artisti a riconsiderare il significato di tali monumenti nel contesto contemporaneo.
L’approccio audace di Kara Walker
Kara Walker è conosciuta per il suo approccio audace e spesso inquietante nell’affrontare la storia della schiavitù e il razzismo negli Stati Uniti. La sua opera più celebre, la gigantesca Sfinge di zucchero, si è sciolta nel 2014 in un ex zuccherificio di Brooklyn, simboleggiando la fragilità della storia e la dolcezza tossica della nostalgia. La nuova installazione, intitolata “Unmanned Drone”, non è da meno. Walker ha smembrato la figura di Stonewall Jackson e il suo cavallo, ricomponendo i pezzi in un modo che ricorda le visioni surreali di Hieronymus Bosch. La rappresentazione di un uomo-bestia che si impenna in aria è inquietante; le gambe del guerriero confederato penzolano all’indietro, con le dita dei piedi spezzate, mentre la testa senza volto è applicata sul muso della bestia, creando un’immagine disturbante che costringe lo spettatore a confrontarsi con l’orrore della supremazia bianca.
Collaborazione e riflessione
Hamza Walker, direttore di The Bricks (senza alcuna parentela con Kara), ha descritto l’opera come un modo per “cancellare il mito dei suprematisti bianchi, mettendone in luce l’orrore”. Negli ultimi dieci anni, Hamza ha dedicato gran parte del suo lavoro alla raccolta dei resti dei monumenti confederati che molte città americane hanno deciso di rimuovere. La sua visione coincide con quella di Kara Walker, che ha sottolineato l’importanza di estrarre questi monumenti dai loro piedistalli e collocarli in spazi di dialogo con opere di artisti contemporanei. Questo approccio permette di affrontare e rielaborare la storia in modi che trascendono le distrazioni del razzismo e della cancellazione della cultura.
Un’importante occasione di confronto
La mostra “Monuments” non si limita a presentare statue storiche distrutte o imbrattate; affianca opere di artisti contemporanei che hanno esplorato, ognuno a modo suo, la storia della supremazia bianca. Tra queste, spiccano:
- Le fotografie di Andres Serrano, che ritraggono membri del Ku Klux Klan.
- Un cortometraggio di Julie Dash con il cantante d’opera Davóne Tines.
- La potente serie di autoritratti di Nona Faustine, in cui l’artista si ritrae come donna nera nei luoghi simbolici del commercio degli schiavi a New York.
Un altro elemento significativo della mostra è l’installazione “A Suspension of Hostilities” di Hank Willis Thomas, che presenta una Dodge Charger conficcata nella terra, dipinta come la “General Lee”, l’auto iconica della serie televisiva degli anni ’80 “The Dukes of Hazzard”. Questa scelta non è casuale; l’auto è diventata un simbolo controverso della cultura pop, legata alla glorificazione della Confederazione e della sua storia. Esponendo la Charger accanto a statue sudiste, la mostra invita a riflettere su come la cultura popolare possa perpetuare narrazioni problematiche e su come queste rappresentazioni richiedano una riconsiderazione critica.
In un momento in cui il dibattito sui monumenti e la loro rimozione continua a polarizzare l’opinione pubblica, la mostra di Kara Walker e Hamza Walker si presenta come un’importante occasione per confrontarsi con il passato e il presente degli Stati Uniti. Attraverso la sua arte, Kara Walker ci sfida a guardare in faccia l’orrendo retaggio della schiavitù e della supremazia bianca, invitandoci a riflettere su come la storia influisca sulle nostre vite attuali e su come possiamo lavorare collettivamente per un futuro più giusto e inclusivo.