Usa: la legge di guerra non si applica ai raid contro i narcos
Usa: la legge di guerra non si applica ai raid contro i narcos
Washington, 8 giugno – Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha comunicato al Congresso che il presidente Donald Trump può continuare i suoi raid contro presunti trafficanti di droga in America Latina senza dover rispettare i limiti imposti dalla War Powers Resolution del 1973. La notizia arriva a pochi giorni dalla scadenza del termine di 60 giorni previsto dalla legge, fissato per lunedì prossimo. Il 4 settembre scorso, l’amministrazione aveva già informato il Congresso di un primo attacco contro una presunta imbarcazione di narcotrafficanti nei Caraibi, avvenuto due giorni prima.
Guerra o polizia? Il nodo della War Powers Resolution
Da fonti interne al Dipartimento di Giustizia emerge che la Casa Bianca considera le operazioni contro i cartelli della droga fuori dalla definizione di “ostilità” prevista dalla War Powers Resolution. La legge, nata nel 1973 dopo la guerra in Vietnam, obbliga il presidente a chiedere il via libera del Congresso se vuole proseguire un’azione militare oltre i 60 giorni. Ma, secondo la versione ufficiale, i raid anti-narcotraffico sono da vedere come interventi di polizia internazionale, non come vere e proprie azioni di guerra.
Un funzionario anonimo ha spiegato chiaramente: “Non stiamo combattendo uno Stato sovrano, ma colpendo organizzazioni criminali transnazionali”. Un punto di vista che, nelle intenzioni della Casa Bianca, dovrebbe evitare la necessità di un voto da parte del Parlamento.
I raid nei Caraibi e le reazioni a Washington
Il primo colpo contro una barca sospettata di traffico di droga nei Caraibi è datato 2 settembre. Il Congresso fu informato due giorni dopo, come previsto. Da allora, secondo fonti ufficiali, ci sono stati altri interventi simili tra il Mar dei Caraibi e le coste dell’America Centrale.
La decisione del Dipartimento di Giustizia ha diviso il Congresso. Diversi esponenti democratici hanno espresso preoccupazione per quella che definiscono un’“interpretazione troppo ampia” dei poteri presidenziali. Il senatore Chris Murphy, della commissione Esteri, ha detto: “Si rischia di aprire la strada a operazioni militari senza limiti di tempo né controllo del Parlamento”. Dall’altra parte, i repubblicani vicini a Trump difendono la necessità di agire in fretta contro le reti del narcotraffico.
Trump punta tutto sulla sicurezza nazionale
Dietro la scelta della Casa Bianca c’è la convinzione che le organizzazioni criminali tra America Latina e Stati Uniti siano una minaccia diretta per la sicurezza nazionale. Il presidente Trump, più volte, aveva promesso una linea dura contro i cartelli della droga. “Non possiamo lasciare che queste bande continuino a minacciare le nostre comunità”, aveva detto in un comizio in Florida lo scorso agosto.
Secondo la Drug Enforcement Administration (DEA), negli ultimi sei mesi sono aumentati i sequestri di cocaina e altre sostanze lungo le rotte caraibiche. L’amministrazione attribuisce questo risultato anche alla maggiore pressione delle forze armate statunitensi nella zona.
Dubbi legali e rischi politici
Non mancano però i dubbi tra gli esperti di diritto internazionale. Mary Ellen O’Connell, docente alla Notre Dame Law School, osserva: “La linea tra operazioni di polizia e atti ostili non è così netta come dice il governo”. Le convenzioni internazionali, aggiunge, pongono limiti chiari sull’uso della forza militare fuori dai confini nazionali.
Sul piano politico, la mossa del Dipartimento di Giustizia potrebbe accendere nuove tensioni tra Casa Bianca e Congresso. C’è chi teme che questo precedente possa aprire la porta ad altre operazioni militari all’estero, anche fuori dal contrasto al narcotraffico.
Una partita ancora tutta da giocare
Al momento non sono stati annunciati i prossimi passi dell’amministrazione. La questione resta aperta: il Congresso potrebbe intervenire con una risoluzione o chiedere chiarimenti. Intanto, a Capitol Hill il dibattito è acceso. La linea sottile tra sicurezza nazionale e controllo parlamentare torna a far parlare di sé nella politica americana.
