Tragedia in Nepal: cinque italiani tra le vittime del disastro
Tragedia in Nepal: cinque italiani tra le vittime del disastro
Kathmandu, 4 novembre 2025 – Cinque alpinisti italiani hanno perso la vita sulle montagne del Nepal, travolti da una valanga e da una serie di tempeste di neve che hanno imperversato tra venerdì e lunedì sulle vette himalayane. Le autorità locali confermano un bilancio complessivo di nove vittime, coinvolte in due incidenti distinti, avvenuti a poche ore di distanza in zone diverse del Paese.
Valanga sul Yalung Ri: sette morti, tre erano italiani
Il primo dramma si è consumato lunedì mattina, quando una valanga ha travolto un gruppo di dodici alpinisti al campo base del Yalung Ri, a 5.630 metri, nel distretto di Dolakha, nel Nepal centrale. A raccontare la scena è stato Phurba Tenjing Sherpa, guida dell’agenzia Dreamers Destination: “Ho visto tutti e sette i corpi”. Tra le vittime ci sono tre italiani, due nepalesi, un tedesco e un francese.
I soccorsi sono arrivati solo martedì mattina, con un elicottero che ha evacuato i superstiti – due francesi e due nepalesi – verso Kathmandu. “Le condizioni erano proibitive, la neve non smetteva di cadere e il rischio di nuove valanghe era altissimo”, ha spiegato Gyan Kumar Mahato, alto ufficiale della polizia locale. I quattro feriti sono stati ricoverati per accertamenti. Le loro condizioni non sembrano gravi, ma restano sotto stretto controllo.
Due italiani dispersi sul Panbari: ritrovati senza vita
Il secondo incidente risale a venerdì scorso. Due alpinisti italiani impegnati nella scalata del monte Panbari (6.887 metri), nel Nepal occidentale, avevano perso i contatti con la base. Dopo giorni di ricerche, i loro corpi sono stati ritrovati. Il Ministero degli Esteri italiano ha identificato le vittime come Alessandro Caputo e Stefano Farronato. Secondo le autorità nepalesi, i due erano partiti senza guide locali.
Le cause della tragedia non sono ancora chiare. “Il tempo era molto duro, con forti nevicate e vento”, ha detto un funzionario del Dipartimento del Turismo nepalese. Solo con l’arrivo di condizioni migliori le squadre di soccorso hanno potuto intervenire, sia via terra che con l’elicottero.
Himalaya, una stagione che non perdona
Questi due incidenti riportano al centro dell’attenzione i rischi delle spedizioni sulle montagne nepalesi, soprattutto in autunno, quando il tempo può cambiare in fretta. Il Yalung Ri e il Panbari non sono tra le vette più frequentate dagli alpinisti di tutto il mondo, ma ogni anno attirano decine di appassionati in cerca di percorsi meno battuti.
Secondo i dati del governo nepalese, ogni anno oltre 40mila persone si avventurano sulle montagne dell’Himalaya. Gli incidenti mortali sono pochi rispetto al numero totale di spedizioni, ma tra altitudine, clima imprevedibile e difficoltà di accesso, ogni salita resta un rischio concreto.
L’Italia in lutto: il cordoglio delle istituzioni
La morte dei cinque italiani ha scosso profondamente le loro comunità. “Siamo vicini alle famiglie in questo momento di grande dolore”, ha detto il ministro degli Esteri italiano in una nota diffusa questa mattina. Anche il Club Alpino Italiano ha espresso il suo cordoglio: “La montagna regala emozioni forti, ma chiede sempre rispetto e prudenza”, si legge in un messaggio pubblicato sui loro canali ufficiali.
A Kathmandu, intanto, le operazioni per il rimpatrio delle salme vanno avanti. Le autorità nepalesi hanno assicurato piena collaborazione con l’ambasciata italiana per tutte le procedure necessarie.
Un duro colpo per l’alpinismo mondiale
Il doppio incidente è uno dei più gravi degli ultimi anni sulle montagne del Nepal. La comunità degli alpinisti internazionali segue con attenzione gli sviluppi, mentre si moltiplicano gli appelli a non sottovalutare i pericoli e a prepararsi con cura. “La montagna non perdona chi si improvvisa”, ha confidato un esperto locale che conosceva alcuni dei coinvolti.
Quando finalmente la neve si placa e il silenzio torna sulle vette, resta il ricordo di chi ha scelto di sfidare l’Himalaya. E la consapevolezza che ogni salita porta con sé un rischio reale, anche per i più esperti.
