Petrolio in ribasso a New York: chiude a 59,60 dollari
Petrolio in ribasso a New York: chiude a 59,60 dollari
New York, 6 novembre 2025 – I prezzi del petrolio hanno chiuso ieri in calo a New York, con il barile che ha perso l’1,59%, fermandosi a 59,60 dollari. Dietro questa flessione, secondo gli operatori, ci sono ancora molte incognite sulla domanda mondiale e le tensioni geopolitiche che continuano a condizionare i mercati dell’energia.
Petrolio in calo: la giornata a New York
La seduta di mercoledì è partita con prudenza tra gli investitori. Durante la giornata, il greggio WTI (West Texas Intermediate) è oscillato tra 58,90 e 61 dollari, per poi chiudere a 59,60 dollari al barile. Il calo dell’1,59% rispetto alla chiusura precedente è stato registrato alle 22, ora italiana, dopo una giornata con volumi di scambio nella media e una volatilità contenuta.
Secondo alcuni analisti di Wall Street, il ribasso è stato spinto da dati macroeconomici americani meno incoraggianti del previsto. “La produzione industriale rallenta e i consumi crescono meno del previsto. Questo pesa sulle prospettive della domanda di energia”, ha spiegato Mark Evans, senior analyst di Energy Markets Group.
Domanda globale sotto pressione e tensioni geopolitiche
A influire sul calo ci sono anche le preoccupazioni sulla domanda mondiale di petrolio. Negli ultimi mesi, la crescita in Cina e in Europa ha mostrato segnali di rallentamento. Il Fondo Monetario Internazionale, nel suo ultimo rapporto di ottobre, ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita per il 2025. Questo si riflette direttamente sulle aspettative di consumo energetico.
Non solo. Le tensioni in Medio Oriente e i negoziati tra Stati Uniti e Iran sul nucleare tengono alta la tensione tra gli operatori. “Ogni notizia che arriva da lì può far muovere il mercato in poche ore”, ha detto un trader di New York, che preferisce restare anonimo. Ma nelle ultime settimane non ci sono stati eventi capaci di far invertire la tendenza al ribasso.
Scorte Usa in aumento e OPEC+ mantiene i tagli
Un altro fattore chiave sono le scorte di petrolio negli Stati Uniti. I dati dell’EIA (Energy Information Administration) diffusi ieri mostrano un aumento di 2,3 milioni di barili nell’ultima settimana. Un rialzo più alto di quanto si aspettassero gli analisti, che prevedevano un aumento più contenuto. “L’aumento delle scorte indica che la domanda interna resta debole”, ha commentato Sarah Mitchell, economista di JP Morgan.
Sul fronte della produzione, l’OPEC+ ha confermato che manterrà i tagli già decisi nei mesi scorsi. Tuttavia, alcune indiscrezioni raccolte da Reuters parlano di possibili aggiustamenti in arrivo, soprattutto se il prezzo dovesse scendere sotto i 58 dollari.
Mercati in tensione e scenari per il futuro
Il calo del prezzo del petrolio si riflette anche nei mercati finanziari. A Piazza Affari, i titoli delle principali compagnie energetiche – con Eni in testa – hanno registrato piccoli ribassi nelle prime ore della mattina. Gli investitori restano cauti: “Il settore energia è molto sensibile ai movimenti del greggio”, ha spiegato un gestore milanese contattato da alanews.it.
Per le prossime settimane, gli esperti si aspettano ancora molta volatilità. Molto dipenderà da come andrà l’economia globale e dalle mosse dell’OPEC+. “Se la domanda non riprende e le scorte continuano a salire, potremmo vedere prezzi ancora più bassi”, ha ammesso Evans.
Il polso del mercato a New York
Al quartier generale della NYMEX (New York Mercantile Exchange), dove si decide il destino del petrolio ogni giorno, l’atmosfera è di prudenza. “Non prevediamo scossoni forti nel breve termine”, ha detto un operatore storico della borsa newyorkese. “Ma basta una notizia inaspettata per cambiare tutto”.
Insomma, la chiusura a 59,60 dollari al barile manda un segnale chiaro al settore: la fase di incertezza non è ancora finita. Tutti gli occhi sono puntati sulle prossime mosse dei grandi produttori e sull’evoluzione della domanda nel mondo.
