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Bulgaria avvia la nazionalizzazione della raffineria Lukoil: un cambio storico nel settore energetico

Bulgaria avvia la nazionalizzazione della raffineria Lukoil: un cambio storico nel settore energetico

Bulgaria avvia la nazionalizzazione della raffineria Lukoil: un cambio storico nel settore energetico

Sofia, 7 novembre 2025 – Il Parlamento bulgaro ha dato il via libera a una legge che permette al governo di prendere il controllo diretto della raffineria Lukoil di Burgas, situata nell’est del Paese, a pochi chilometri dal Mar Nero. La decisione, arrivata dopo una seduta lunga e tesa che si è protratta oltre le 13, è una risposta alle sanzioni imposte dagli Stati Uniti contro il gigante petrolifero russo lo scorso ottobre. Secondo l’esecutivo guidato da Nikolay Denkov, questa mossa era indispensabile per evitare la chiusura dell’impianto e garantire la sicurezza energetica della Bulgaria.

Sofia si prende la raffineria Lukoil: una mossa urgente

La legge è passata con una maggioranza trasversale: 142 voti a favore su 240 seggi. Ora il governo può nominare un amministratore speciale per gestire la raffineria Neftochim Burgas, la più grande dei Balcani. L’impianto, attivo dal 1964 e di proprietà della filiale bulgara di Lukoil, copre circa il 60% della capacità di raffinazione nazionale. Il ministro dell’Energia, Vladimir Malinov, ha sottolineato: “Mantenere la produzione è fondamentale, senza questa misura rischiamo di fermare la fornitura di carburanti in tutto il Paese”.

La legge è stata al centro di un lungo dibattito parlamentare, ma ha subito una forte accelerazione dopo che il Dipartimento del Tesoro americano ha inserito Lukoil nella lista delle aziende sanzionate per il conflitto in Ucraina. Sofia ha interpretato questa scelta come un serio campanello d’allarme. “Le sanzioni potrebbero bloccare le attività della raffineria e mettere a rischio migliaia di posti di lavoro”, ha avvertito Malinov durante il dibattito.

Il governo teme una crisi sociale e impennate nei prezzi

La raffineria di Burgas dà lavoro a circa 1.300 persone direttamente, ma i sindacati stimano che siano almeno 5.000 i lavoratori coinvolti nell’indotto, tra trasporti, logistica e servizi. “Non possiamo permetterci una crisi sociale in questa zona,” ha detto Ivan Kostov, rappresentante dei lavoratori, alla stampa. Il governo è preoccupato anche per l’impatto sui prezzi dei carburanti: chiudere l’impianto significherebbe aumentare le importazioni, con costi più alti e più dipendenza dall’estero.

Secondo il Ministero dell’Economia, la raffineria copre oltre il 70% del fabbisogno nazionale di benzina e gasolio. “Senza Burgas – ha spiegato il viceministro Petar Petrov – dovremmo importare da Grecia e Turchia, con costi maggiori e rischi per la stabilità dei prezzi”. La questione ha acceso anche il dibattito pubblico. Negli ultimi giorni sono arrivati numerosi appelli da parte di associazioni di consumatori e imprese per trovare una soluzione che eviti interruzioni nella catena di approvvigionamento.

Mosca e Washington reagiscono: il nodo delle sanzioni

La mossa di Sofia non è passata inosservata né a Mosca né a Washington. L’ambasciata russa a Sofia ha definito la legge “un atto ostile”, mentre fonti diplomatiche americane hanno ribadito che le sanzioni su Lukoil restano valide. “Rispettiamo la sovranità della Bulgaria – ha detto un portavoce del Dipartimento di Stato – ma ci aspettiamo che le azioni siano in linea con gli impegni internazionali”.

Il premier Denkov ha voluto chiarire durante una conferenza stampa urgente nel pomeriggio che il controllo statale sarà “temporaneo e limitato al periodo necessario per garantire la sicurezza energetica”. Nessuna intenzione, dunque, di nazionalizzare l’impianto in modo permanente. Nonostante ciò, la tensione resta alta. Fonti parlamentari parlano di nuove consultazioni imminenti con Bruxelles per verificare se la legge è compatibile con le regole europee sulla concorrenza.

Il futuro della raffineria e le incognite sul mercato energetico

Resta da vedere cosa succederà alla raffineria e che impatto avrà questa scelta sul mercato regionale dei carburanti. Gli esperti sottolineano che la Bulgaria si trova in una situazione delicata: da una parte deve assicurare l’approvvigionamento interno, dall’altra rischia di creare tensioni con partner strategici come Stati Uniti e Unione Europea.

Intanto, a Burgas, i lavoratori aspettano con ansia notizie sul loro futuro. “Speriamo solo di non perdere il lavoro”, ha detto Maria Dimitrova, operaia da vent’anni nello stabilimento. Il governo assicura che nessuno verrà lasciato indietro. Ma la partita, per ora, è ancora tutta da giocare.