La rinascita della Cappella Herrera: gli affreschi di Carracci illuminano il Prado
La rinascita della Cappella Herrera: gli affreschi di Carracci illuminano il Prado
Madrid, 9 novembre 2025 – Ieri il Museo Nacional del Prado ha riaperto al pubblico la Capilla Herrera, ricostruita per restituire uno dei capolavori del barocco italiano. Dopo anni di attesa, i visitatori possono ammirare di nuovo gli affreschi di Annibale Carracci e della sua bottega, finalmente esposti nella loro collocazione originale, anche se ricostruita. La cappella, dedicata a Juan Enriquez de Herrera, potente banchiere spagnolo a Roma nel Seicento, era stata pensata come simbolo del potere della Corona spagnola nella capitale italiana.
La Cappella Herrera: un ponte tra Roma e Madrid
La Cappella Herrera si trovava nella chiesa di Santiago de los Españoles, proprio nel cuore di Roma. Nel 1602 Annibale Carracci ricevette l’incarico di decorarla con affreschi che raccontassero la vita di San Diego de Alcalà, canonizzato solo quattordici anni prima. La scelta non era casuale: Herrera attribuiva a questo santo la guarigione miracolosa del figlio, ed è per questo che volle dedicargli la cappella.
Carracci lavorò fino al 1605, quando una malattia lo costrinse a fermarsi. Allora entrarono in scena i suoi collaboratori più fidati: Francesco Albani, Ludovico Carracci, Guido Reni e Domenichino. Tutti con l’obiettivo di mantenere intatto lo stile e la coerenza dell’insieme. “Abbiamo cercato di restare fedeli alla visione di Annibale”, scriveva Albani in una lettera che oggi si conserva negli archivi del Prado.
Dalla demolizione al recupero degli affreschi
Nel 1833 la chiesa di Santiago de los Españoles fu dichiarata pericolante e abbattuta. Fu allora che si decise di salvare quel che restava della Cappella Herrera: gli affreschi furono staccati e trasferiti su tela, una tecnica all’epoca innovativa ma delicata. I dipinti finirono divisi tra il Museo Nacional d’Art de Catalunya di Barcellona e il Prado di Madrid.
Per decenni, quelle opere sono rimaste lontane, esposte solo a sprazzi. Nel 2022 una mostra importante ha temporaneamente riunito i frammenti, ma ora sette di essi sono tornati a casa, visibili per sempre nella nuova sala del Prado. L’allestimento è opera dell’architetto Francisco Bocanegra, che ha creato una struttura modulare capace di far rivivere le proporzioni e l’atmosfera della cappella originale.
Quando il barocco parla con se stesso
La nuova installazione si trova nella sala quattro dell’Edificio Villanueva del Prado, dove gli affreschi dialogano con altre opere della scuola bolognese. “È un’occasione unica per riscoprire l’importanza di questi artisti nel definire il barocco”, spiega David Garcia Cueto, responsabile della collezione di pittura italiana e francese barocca del museo. Accanto a Carracci e Albani, ci sono anche lavori di Ludovico Carracci, Guido Reni e Domenichino, per restituire un quadro completo della stagione artistica che ha segnato Roma all’inizio del Seicento.
Il progetto ha avuto il sostegno del gruppo di costruzione Ohla, che ha collaborato alla realizzazione della struttura espositiva. Il risultato è uno spazio che riesce a trasmettere la solennità e l’intimità della cappella originale, pur sapendo che si tratta di una ricostruzione.
Un pezzo ritrovato della storia dell’arte europea
La riapertura della Capilla Herrera al Prado segna un momento importante per la storia dell’arte europea. Permette non solo di ammirare la tecnica di Annibale Carracci e dei suoi collaboratori, ma invita anche a riflettere sul ruolo degli artisti italiani nella diffusione del barocco a Roma e oltre. “Questi artisti hanno dato vita a un linguaggio che ancora oggi parla a chi guarda”, sottolinea Garcia Cueto durante la presentazione.
La sala è aperta con gli orari consueti del museo, dalle 10 alle 20, e l’ingresso è compreso nel biglietto standard del Prado. Per studiosi e appassionati è un’occasione rara: vedere insieme questi frammenti significa riscoprire un pezzo di storia che sembrava perso. E forse, come ha detto un visitatore ieri mattina davanti agli affreschi restaurati, “è come se la cappella fosse tornata a vivere, anche solo per un attimo”.
