Sanchez: la mia promessa di portare a termine la legislatura e ricandidarmi nel ’27
Sanchez: la mia promessa di portare a termine la legislatura e ricandidarmi nel '27
Madrid, 9 novembre 2025 – Il presidente del governo spagnolo, Pedro Sánchez, esclude a sorpresa le elezioni anticipate. Vuole andare avanti fino alla fine della legislatura, nonostante la recente frattura con il partito indipendentista catalano Junts per Catalunya. In un’intervista pubblicata oggi da El País, il premier è stato chiaro: “Nel 2027 mi ricandiderò”. Così, ha tracciato il percorso per i prossimi due anni di governo.
Sánchez non molla: governo saldo nonostante Junts si ritira
La crisi politica è esplosa negli ultimi giorni, dopo che Junts per Catalunya – guidato da Carles Puigdemont – ha ufficializzato la fine del sostegno all’esecutivo minoritario formato da PSOE e Sumar. Ma Sánchez ha subito frenato l’ipotesi di un ritorno anticipato alle urne: “Non siamo in quella situazione”, ha detto. “Abbiamo rispettato il nostro accordo di investitura”, ha ricordato, rimandando al voto di fiducia di novembre 2023, passato anche grazie ai voti dei catalani.
Secondo il presidente, la “complessità parlamentare” di questa legislatura è una sfida che si può superare e “incanalarla verso un buon governo”. Ha messo sul tavolo i risultati “economici e sociali degli ultimi sette anni” come prova della solidità dell’esecutivo, malgrado le tensioni tra i partiti che lo sostengono.
Tensione catalana: dialogo aperto con Berlino e Bruxelles
Uno dei nodi più delicati resta la questione catalana. Sánchez ha confermato che si sta lavorando a “negoziati con Berlino” e che il dialogo con le istituzioni europee è “fluido”, con l’obiettivo di normalizzare la situazione in Catalogna. L’intento è portare avanti gli “accordi di Bruxelles” firmati con Junts, nonostante la rottura.
Tra i punti ancora da risolvere c’è il riconoscimento del catalano e delle altre lingue co-ufficiali spagnole come lingue ufficiali del Parlamento Europeo. “Stiamo spingendo affinché questi accordi diventino realtà”, ha detto Sánchez, ricordando però che alcune decisioni non dipendono solo da Madrid, ma richiedono l’ok delle istituzioni europee.
Economia e società: i numeri che sostengono il governo
Nel corso dell’intervista, Sánchez ha difeso con forza il bilancio del suo mandato, citando dati sulla crescita economica e sull’occupazione. Negli ultimi sette anni, secondo fonti del governo, la Spagna ha avuto una crescita media del PIL superiore al 2% all’anno e il tasso di disoccupazione è sceso dal 17% al 12%. “I risultati sono sotto gli occhi di tutti”, ha sottolineato, invitando le forze politiche a “non perdere di vista le priorità dei cittadini”.
Ha poi ricordato le riforme sociali approvate, come l’aumento del salario minimo e le misure per la parità di genere. “Abbiamo dimostrato che si può governare anche in momenti difficili”, ha concluso, lasciando intendere che la stabilità del governo resta una priorità.
Opposizione e alleati: reazioni a caldo
La posizione di Sánchez ha scatenato reazioni immediate nel panorama politico spagnolo. Dal Partito Popolare, principale forza d’opposizione, arrivano critiche pesanti sulla tenuta della maggioranza e sulla gestione dei rapporti con gli indipendentisti catalani. “Il governo è appeso a un filo”, ha detto ieri Alberto Núñez Feijóo, leader dei popolari.
Anche in casa alleata non mancano le tensioni. Da Sumar, Yolanda Díaz ha chiesto prudenza: “Serve responsabilità da tutti”, ha detto ieri sera a Barcellona. Junts, invece, mantiene un atteggiamento più cauto: “Valuteremo caso per caso”, ha spiegato un portavoce del partito.
Verso il 2027: la sfida per la stabilità
Guardando avanti, Sánchez è determinato a portare a termine la legislatura e a ricandidarsi nel 2027. Una scelta pensata per rassicurare i mercati e gli alleati europei sulla continuità delle politiche spagnole. “La Spagna deve restare un punto fermo in Europa”, ha detto il presidente.
Il clima resta teso nei corridoi della politica madrilena. Ma, almeno per ora, dalle parole di Sánchez sembra allontanarsi l’ipotesi di elezioni anticipate.
