Moussa Sangarè si difende in aula: ‘Non sono stato io a uccidere Sharon’
Moussa Sangarè si difende in aula: 'Non sono stato io a uccidere Sharon'
Bergamo, 10 novembre 2025 – Questa mattina, in tribunale a Bergamo, è tornato a parlare Moussa Sangare, 31 anni, detenuto nel carcere di via Gleno con l’accusa di aver ucciso Sharon Verzeni a coltellate nella notte tra il 29 e il 30 luglio 2024 a Terno d’Isola. Dopo aver ammesso la sua responsabilità nei primi interrogatori, Sangare ha cambiato versione. “Passavo di lì in bici – ha detto davanti ai giudici – e ho visto Sharon litigare con un uomo. Ho capito che sarebbe finita male, non volevo c’entrarci, così ho accelerato e me ne sono andato”.
Omicidio Verzeni, Sangare cambia versione in aula
Il processo per l’omicidio di Sharon Verzeni, trovata senza vita in una zona isolata di Terno d’Isola, si è aperto con un colpo di scena. Sangare, assistito dal suo avvocato, ha ritirato la confessione fatta subito dopo il fermo. “Poi ho avuto la paranoia di aver visto qualcosa che non dovevo – ha aggiunto – e mi sono liberato di vestiti e coltello”. Una frase che ha lasciato di stucco chi era in aula, soprattutto i familiari della vittima, visibilmente scossi.
Gli investigatori della Squadra Mobile di Bergamo lo avevano individuato grazie alle telecamere di sorveglianza e alle tracce biologiche trovate sulla scena del delitto. Sangare aveva fornito dettagli che coincidevano con i rilievi della polizia scientifica. Ora però il suo racconto è cambiato drasticamente.
La notte del delitto e le nuove domande
La notte del 29 luglio, intorno alle 2.30, alcuni residenti avevano sentito urla provenire da via Donizetti, una strada secondaria poco illuminata. I carabinieri erano intervenuti e avevano trovato il corpo senza vita di Sharon Verzeni, 28 anni, colpita da numerose coltellate. Fin da subito, gli inquirenti avevano raccolto prove che portavano a Sangare: la sua bicicletta era stata ripresa vicino al luogo del delitto e il suo cellulare agganciava la cella telefonica della zona proprio nell’orario compatibile con l’omicidio.
Oggi, però, Sangare ha ribadito di non avere nulla a che fare con la vicenda. “Non conoscevo Sharon – ha detto – mi sono trovato lì per caso”. Il pubblico ministero ha chiesto perché si fosse liberato di vestiti e coltello. “Avevo paura che qualcuno pensasse fossi coinvolto”, ha risposto lui.
Familiari di Sharon in aula, tensione palpabile
In tribunale c’erano anche i genitori e la sorella di Sharon. Hanno ascoltato in silenzio le parole dell’imputato. All’uscita, il padre ha detto a fatica: “Non ci aspettavamo questo cambio improvviso. Vogliamo solo giustizia per nostra figlia”. L’atmosfera era tesa, con sguardi bassi e poche parole tra i presenti.
Fonti vicine alla procura spiegano che la nuova linea difensiva di Sangare potrebbe complicare il processo. Gli avvocati della famiglia Verzeni ribadiscono però la solidità delle prove raccolte finora. “Le indagini sono chiare – spiega l’avvocato Maria Grazia Locatelli – ora tocca al tribunale valutare la credibilità di queste dichiarazioni”.
Processo aperto, attesa per le prossime mosse
Il processo andrà avanti nelle prossime settimane con le testimonianze chiave e l’analisi dei reperti. Gli investigatori stanno anche valutando nuovi elementi emersi oggi. La difesa di Sangare ha chiesto una perizia psichiatrica per capire il suo stato mentale al momento dei fatti.
Intanto, la comunità di Terno d’Isola resta sotto choc. In piazza, un mazzo di fiori bianchi ricorda Sharon. “Era una ragazza solare”, racconta una vicina, “qui nessuno riesce a darsi pace”. La sentenza non arriverà prima della primavera 2026. Nel frattempo, restano molti dubbi su quella notte d’estate e su cosa sia davvero successo tra via Donizetti e il silenzio della provincia bergamasca.
