Foreste e clima: le specie arboree che possono raffreddare il pianeta
Foreste e clima: le specie arboree che possono raffreddare il pianeta
Zurigo, 12 novembre 2025 – Le foreste europee, da sempre viste come un baluardo contro il cambiamento climatico, non offrono sempre quel sollievo dal caldo che ci si aspetta. Lo rivela uno studio pubblicato su Nature Communications, guidato dall’ETH di Zurigo insieme al Cnr-Isafom di Perugia. La ricerca ha esaminato come le diverse specie di alberi e le condizioni locali influenzino la temperatura e la capacità di assorbire carbonio. È il progetto europeo Horizon Europe ‘ForestNavigator’ a fare luce su un punto chiave: la gestione e la composizione delle foreste sono fondamentali per renderle più resistenti e capaci di frenare il riscaldamento globale.
Foreste diverse, effetti diversi: specie e gestione contano davvero
Il team internazionale ha messo in chiaro un dato importante: le foreste coprono oltre il 30% del territorio europeo e sono spesso indicate come strumenti essenziali per assorbire la CO2. Ma allargare semplicemente le aree boschive non garantisce sempre un clima più fresco. “Siamo abituati a pensare alle foreste solo come serbatoi di carbonio”, spiega Alessio Collalti, del Laboratorio di modellistica forestale del Cnr-Isafom e coautore dello studio. “In realtà il loro impatto sul clima è più complicato: oltre a catturare CO2, le foreste influenzano temperatura, umidità e quanto la terra riflette la luce”.
Lo studio ha unito aspetti chimici, come l’assorbimento di carbonio, a quelli fisici, come la riflettività e l’evaporazione. In alcune zone d’Europa, piantare più alberi può addirittura far salire la temperatura locale. Un esempio sono le foreste di conifere: le loro chiome scure assorbono più energia dal sole rispetto a pascoli o campi coltivati, riducendo l’effetto rinfrescante legato all’evaporazione.
Clima in prova: simulazioni e scenari fino al 2059
Per capire come funziona questo meccanismo, i ricercatori hanno usato il modello climatico regionale Cosmo-Clm2, simulando il clima europeo dal 2015 al 2059 con diversi tipi di gestione forestale. Hanno confrontato l’afforestazione (piantare alberi dove prima non ce n’erano), la riforestazione tradizionale e la sostituzione delle conifere con latifoglie. E i risultati sono chiari: la specie scelta fa la differenza.
“Cambiare le conifere – pini e abeti – con latifoglie come faggi o querce può abbassare la temperatura massima di luglio fino a 0,6 gradi su larga scala”, racconta Collalti. “Se poi questa sostituzione si unisce a nuove piantagioni, il riscaldamento previsto di +0,3 gradi può trasformarsi in un raffreddamento di -0,7 gradi”. Può sembrare poco, ma in piena ondata di caldo è un vantaggio importante per salute, agricoltura e consumi energetici.
Politiche europee alla prova della natura
Questi dati hanno un peso sulle scelte politiche dell’Unione Europea. La campagna per piantare 3 miliardi di alberi entro il 2030 rischia di non dare i risultati sperati se non si considerano specie e condizioni locali. “Non basta piantare alberi a caso”, avverte Collalti. “Le strategie devono andare oltre il numero e puntare alla qualità, perché non tutte le foreste aiutano il clima allo stesso modo”.
Rivedere la composizione delle foreste europee significa pianificare con cura e coordinare le politiche nazionali ed europee. Il Cnr-Isafom sottolinea che i vantaggi – più resistenza agli eventi estremi, biodiversità più ricca e maggior capacità di raffreddamento – rendono questa sfida una priorità.
Foreste e clima: la scelta che può cambiare tutto
In un’Europa sempre più calda, decidere quali alberi piantare diventa fondamentale. “Le foreste non sono solo spettatrici, ma giocano un ruolo attivo nel clima”, conclude Collalti. “Possono far salire o scendere la temperatura, a seconda di come le gestiamo”. Solo con una pianificazione attenta, che consideri il territorio e la varietà delle specie, le foreste potranno restare alleate preziose nella lotta contro il cambiamento climatico.
