Trent’anni di catastrofi climatiche: oltre 800mila vite spezzate nel mondo
Trent'anni di catastrofi climatiche: oltre 800mila vite spezzate nel mondo
Belém, 12 novembre 2025 – Negli ultimi trent’anni, oltre 9.700 eventi meteorologici estremi hanno flagellato il mondo, causando più di 830mila morti e danni diretti per oltre 4.500 miliardi di dollari. È quanto emerge dal nuovo Climate Risk Index (CRI) 2026, presentato oggi da Germanwatch alla Cop30 di Belém, in Brasile. In cima alla lista dei Paesi più colpiti c’è la piccola Dominica, mentre l’Italia si piazza al sedicesimo posto, confermandosi tra le nazioni europee più esposte agli effetti della crisi climatica.
Dominica e Myanmar in prima linea, Italia tra i più colpiti
Il rapporto mette in luce come la Dominica – isola caraibica con meno di 72mila abitanti – abbia subito una serie di uragani devastanti negli ultimi trent’anni. Il più grave è stato l’uragano Maria nel 2017, che ha causato danni per 1,8 miliardi di dollari, quasi tre volte il PIL dell’isola. “Sette cicloni tropicali in trent’anni hanno segnato profondamente la vita sull’isola”, spiega Laura Schäfer, autrice del CRI.
Al secondo posto c’è il Myanmar, colpito nel 2008 dal ciclone Nargis: quasi 140mila morti e danni stimati in 5,8 miliardi di dollari. Le piogge torrenziali e le alluvioni hanno lasciato ferite profonde nel territorio e nella popolazione. “Il Sud del mondo resta il più vulnerabile”, sottolinea Vera Künzel, coautrice dell’indice, “ma anche i Paesi ricchi non possono più tirarsi indietro”.
Quasi metà della popolazione mondiale a rischio
Il CRI fa emergere un dato allarmante: circa il 40% della popolazione mondiale – oltre tre miliardi di persone – vive in undici Paesi che hanno subito i danni maggiori causati dagli eventi climatici estremi negli ultimi trent’anni. Tra questi ci sono grandi nazioni come India (nona) e Cina (undicesima), ma anche realtà più fragili come Libia, Haiti e le Filippine.
“Le ondate di calore e le tempeste rappresentano la minaccia principale per la vita umana”, spiega Schäfer. Le tempeste hanno causato i danni economici più pesanti, mentre le inondazioni hanno coinvolto il maggior numero di persone. In certi casi, un singolo evento catastrofico ha inciso molto sulla classifica; in altri, è la frequenza continua di disastri a non lasciare respiro alle comunità colpite.
Italia sedicesima: un rischio che cresce anche in Europa
L’Italia si colloca al sedicesimo posto nella graduatoria mondiale, davanti a Paesi come Stati Uniti (diciottesimi) e Francia (dodicesima). Germanwatch sottolinea che anche i Paesi industrializzati stanno pagando un prezzo sempre più alto per il cambiamento climatico. Negli ultimi anni il nostro Paese è stato segnato da alluvioni – come quelle in Emilia-Romagna nel 2023 – e da ondate di calore sempre più intense.
“L’Italia è ormai stabilmente tra i trenta Paesi più colpiti”, commenta David Eckstein, coautore del rapporto. “Questo dato riflette sia la frequenza sia la gravità degli eventi estremi che hanno interessato il territorio nazionale”.
Ultimi dodici mesi: Caraibi e Africa nel mirino
Il CRI ha analizzato anche l’impatto del 2024. L’arcipelago caraibico di St. Vincent e Grenadine e Grenada è stato devastato da un uragano di categoria 5, che ha messo in ginocchio queste due nazioni, prime nella classifica annuale. Al terzo posto c’è il Ciad, duramente colpito da mesi di inondazioni.
Secondo Germanwatch, questi dati confermano una tendenza ormai chiara: i Paesi meno responsabili delle emissioni globali sono spesso quelli che pagano il prezzo più alto della crisi climatica.
Appello alla Cop30: “Serve un salto di qualità”
“Il CRI 2026 dimostra che alla Cop30 bisogna trovare soluzioni concrete per ridurre le emissioni e finanziare l’adattamento”, ha detto Eckstein durante la presentazione a Belém. “Se non cambiamo subito rotta, aumenteranno vittime e danni economici”.
Germanwatch invita i governi a muoversi con più decisione sugli impegni per il clima, puntando soprattutto su misure di adattamento e fondi per le perdite subite dai Paesi più fragili. Un’urgenza che riguarda ormai tutto il pianeta: “Nessuno può più sentirsi al sicuro dagli effetti della crisi climatica”.
