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Italiani sempre più ‘bot people’: il debito pubblico sale al 14,4%

Italiani sempre più 'bot people': il debito pubblico sale al 14,4%

Italiani sempre più 'bot people': il debito pubblico sale al 14,4%

Roma, 15 novembre 2025 – Famiglie e imprese italiane hanno aumentato la loro quota nel possesso di Bot e Btp, arrivando ad agosto 2025 a detenere 442,4 miliardi di euro di debito pubblico italiano. Parliamo del 14,4% del totale, che a settembre ha toccato i 3.081 miliardi. Un dato quasi doppio rispetto al minimo storico del 7,9% registrato nel 2021. A sottolineare questo trend è la Fabi, la Federazione autonoma bancari italiani, che oggi ha pubblicato un’analisi approfondita sui diversi investitori nel debito sovrano nazionale.

Rendimenti alti e nuovi titoli attraggono i risparmiatori

Secondo la Fabi, la crescita di famiglie e imprese nel debito pubblico nasce da due fattori principali: da un lato, i rendimenti alti offerti dai titoli di Stato italiani negli ultimi mesi; dall’altro, il successo di nuove emissioni pensate proprio per i risparmiatori, come il Btp Valore. Dal 2023 a oggi, questa tipologia ha raccolto sottoscrizioni per 93 miliardi di euro, confermandosi tra i prodotti preferiti dai piccoli investitori. “C’è una crescente ricerca di strumenti sicuri”, spiega un analista della Fabi, che sottolinea come l’incertezza dei mercati abbia spinto molti risparmiatori a scegliere i titoli di Stato invece di altre forme di investimento.

Investitori esteri ai livelli più alti dal 2015

Non sono solo gli italiani a puntare sul debito pubblico nazionale. Gli investitori esteri hanno aumentato la loro presenza, arrivando ad agosto a detenere 1.039,9 miliardi di euro, pari al 33,8% del totale. Un livello che mancava da sei anni e che segna un netto balzo rispetto al 26,8% del 2022. Per la Fabi, la domanda dall’estero è tornata a essere “uno dei pilastri principali” del mercato dei titoli italiani. Un segnale che gli operatori leggono come una nuova fiducia nella capacità dell’Italia di rispettare i suoi impegni finanziari, nonostante il debito complessivo continui a salire.

La Banca d’Italia riduce la sua quota

A differenza degli altri soggetti, la Banca d’Italia, che compra titoli per conto dell’Eurosistema, ha ridotto la sua esposizione: dai 721 miliardi del 2022 è scesa a 592,1 miliardi nel 2025. La quota detenuta dall’istituto centrale è così passata dal 26,1% al 19,2%. Questo calo è legato soprattutto alla fine degli acquisti netti da parte della Bce, nel quadro delle politiche monetarie più restrittive adottate negli ultimi anni. “La riduzione non è una scelta autonoma, ma una conseguenza delle nuove regole europee”, spiega una fonte vicina a Palazzo Koch.

Fondi e assicurazioni in lieve discesa

Anche il settore dei fondi e delle assicurazioni mostra una leggera contrazione: oggi detiene il 12,5% del debito pubblico, pari a 386,3 miliardi, contro il 15,8% del 2019. Gli analisti spiegano che questa tendenza riflette sia la concorrenza dei nuovi strumenti rivolti ai risparmiatori, sia una maggiore cautela da parte degli operatori istituzionali, in un contesto segnato da volatilità internazionale e tassi in crescita.

Banche italiane ancora protagoniste, ma con meno peso

Le banche italiane mantengono una quota importante di Bot e Btp – oltre 620 miliardi di euro – ma il loro peso sul totale è calato nettamente: dal 26% prima della pandemia al 20% attuale. Nel biennio 2024-2025 la situazione si è stabilizzata su livelli bassi: 601,4 miliardi, pari al 21,7%. La Fabi precisa che questa diminuzione non dipende da un disimpegno delle banche, ma dalla crescita complessiva del debito e dall’aumento degli investitori esteri e privati.

Debito pubblico in continua crescita

Nel complesso, il debito pubblico italiano è passato dai 2.415,6 miliardi del 2019 ai 3.080,9 miliardi di oggi: un aumento di 665 miliardi in sei anni, pari al 27,5%. Dietro questa crescita ci sono sia le necessità straordinarie legate alla pandemia, sia le difficoltà strutturali dell’economia nazionale. “La situazione resta delicata”, ammette un dirigente del Tesoro. Eppure, almeno per ora, il mercato sembra reggere la prova.