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Netanyahu esclude la creazione di uno Stato palestinese a ovest del Giordano

Netanyahu esclude la creazione di uno Stato palestinese a ovest del Giordano

Netanyahu esclude la creazione di uno Stato palestinese a ovest del Giordano

Tel Aviv, 16 novembre 2025 – Il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha ribadito con fermezza questa mattina a Gerusalemme: nessuno Stato palestinese nascerà nei territori a ovest del Giordano. Lo ha detto all’apertura della riunione di governo, in un clima di crescente tensione nella regione. Intanto, la comunità internazionale continua a discutere possibili vie d’uscita per il futuro della Striscia di Gaza e dei territori palestinesi.

Netanyahu: uno Stato palestinese? Assolutamente no

Siamo contrari a uno Stato palestinese in qualsiasi territorio a ovest del Giordano, e questa posizione non cambia di una virgola”, ha detto Netanyahu davanti ai ministri, secondo quanto riferito da fonti governative. Il premier, da settimane al centro di un acceso dibattito interno e internazionale sulla crisi di Gaza, ha voluto mettere in chiaro la linea del suo governo. Nessuna apertura, quindi, rispetto alle richieste dell’Autorità Nazionale Palestinese, sostenute anche da molte cancellerie occidentali.

Durante la riunione, iniziata poco dopo le 9.30 nella sede del governo, Netanyahu ha parlato anche di sicurezza. “Non ci sarà alcuna smilitarizzazione parziale di Gaza, almeno per la zona controllata da Hamas”, ha aggiunto. “Questa terra sarà smilitarizzata e Hamas disarmato. O succederà in modo semplice o in modo difficile”. Parole nette, che non lasciano margini, mentre l’esercito israeliano continua le operazioni nel nord della Striscia.

Il piano in 20 punti e il richiamo a Trump

Nel suo discorso, il premier ha fatto riferimento al cosiddetto piano in 20 punti, un documento interno che gira da qualche settimana tra i membri del governo. Il piano prevede una serie di misure per gestire Gaza dopo il conflitto. Secondo quanto è trapelato, il testo insiste sul mantenimento del controllo militare israeliano e sull’impossibilità che gruppi palestinesi mantengano qualsiasi tipo di autonomia armata.

Netanyahu ha poi ricordato le posizioni dell’ex presidente americano Donald Trump. “È quello che ho detto io, e quello che ha detto Trump”, ha sottolineato, evidenziando la continuità tra la politica israeliana attuale e quella della precedente amministrazione statunitense. Un richiamo che sembra rivolto sia agli alleati tradizionali sia agli oppositori interni, in un momento in cui la pressione diplomatica su Israele si fa sempre più forte.

Reazioni dall’interno e dall’estero

Le parole di Netanyahu hanno scatenato reazioni immediate alla Knesset. Alcuni esponenti dell’opposizione hanno bollato la posizione del governo come “irrealistica”. Al contrario, i partiti della destra religiosa hanno espresso pieno appoggio al premier. “Non possiamo permetterci un altro Stato terrorista alle porte di Israele”, ha detto Bezalel Smotrich, leader del partito Sionismo Religioso.

Sul fronte internazionale, la presa di posizione del primo ministro è stata accolta con preoccupazione nelle capitali europee. A Bruxelles, una fonte diplomatica ha spiegato che “la soluzione dei due Stati resta l’unica strada per una pace duratura”. Dal Dipartimento di Stato americano sono arrivate parole più caute: “Continuiamo a lavorare per trovare un accordo condiviso”, ha detto un portavoce.

Gaza sotto attacco, cosa succede davvero

Sul terreno, intanto, la tensione non si placa. Negli ultimi due giorni le forze israeliane hanno intensificato i raid, soprattutto nel nord di Gaza City. Secondo fonti mediche locali, il numero delle vittime continua a salire. L’obiettivo di Netanyahu – la totale smilitarizzazione di Hamas – è ancora lontano, nonostante i ripetuti annunci di successi militari.

La comunità internazionale segue con attenzione gli sviluppi. Domani a New York il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si riunirà per discutere una nuova risoluzione sulla crisi. Sul tavolo resta la domanda cruciale: che futuro ci sarà per Gaza e i territori palestinesi? Per ora, la linea israeliana sembra chiudere quasi ogni possibilità di dialogo. Eppure, tra le strade di Tel Aviv e Ramallah, cresce la consapevolezza che solo una soluzione politica – seppur complicata – potrà fermare questo conflitto.