La minaccia di Maduro: un attacco al Venezuela segnerebbe la fine di Trump
La minaccia di Maduro: un attacco al Venezuela segnerebbe la fine di Trump
Caracas, 18 novembre 2025 – Un attacco militare degli Stati Uniti contro il Venezuela potrebbe segnare “la fine politica” di Donald Trump. Lo ha detto ieri sera il presidente venezuelano Nicolás Maduro durante il suo programma televisivo “Con Maduro+”, in onda sul canale statale Venezolana de Televisión. Le sue parole arrivano lo stesso giorno in cui l’ex presidente americano ha ribadito di non escludere “nessuna opzione” su un possibile intervento diretto in Venezuela.
Maduro lancia l’allarme: “Un attacco militare sarebbe la fine di Trump”
Seduto nello studio di VTV, con la bandiera nazionale alle spalle e alcuni collaboratori accanto, Maduro ha usato parole dure. “Un’aggressione militare degli Stati Uniti – ha detto – significherebbe la fine politica di Trump”. La dichiarazione, ripresa anche dall’agenzia spagnola Efe, arriva in un clima di tensione sempre più teso tra Caracas e Washington. La Casa Bianca continua a mettere pressione sul governo venezuelano.
Non è la prima volta che il leader bolivariano usa la tv per mandare messaggi diretti agli Stati Uniti. Ma questa volta ha nominato Trump esplicitamente. “Non si può permettere – ha aggiunto – che il popolo venezuelano venga bombardato e massacrato”. Parole che hanno acceso subito le reazioni dei sostenitori del governo, molti dei quali si sono radunati davanti alla presidenza in Plaza Bolívar già all’alba.
Trump non chiude la porta: “Tutte le opzioni sul tavolo”
Dall’altra parte dell’oceano, Donald Trump ha confermato la sua linea dura durante una conferenza stampa a Miami. “Tutte le opzioni sono sul tavolo”, ha detto ai giornalisti, senza però entrare nel dettaglio di eventuali piani militari. La posizione dell’ex presidente resta ambigua: da un lato parla di “ripristinare la democrazia” in Venezuela, dall’altro non esclude soluzioni drastiche.
Secondo fonti diplomatiche citate dalla stampa americana, per ora non si registrano movimenti militari sospetti nella zona caraibica. Tuttavia, l’ipotesi di un intervento armato tiene in allerta sia i governi sudamericani sia le organizzazioni internazionali. Il segretario generale dell’OEA, Luis Almagro, ha lanciato un appello al dialogo: “Serve responsabilità – ha detto – per evitare una crisi umanitaria ancora più grave”.
Maduro apre al confronto: “Pronto a parlare faccia a faccia con Trump”
Nonostante i toni accesi, Maduro ha lasciato uno spiraglio. Durante la trasmissione si è detto disponibile a un incontro diretto con Trump. “Chiunque voglia dialogare troverà in noi persone di parola, persone perbene e con esperienza per guidare il Venezuela”, ha detto, rivolgendosi sia all’amministrazione americana sia agli osservatori internazionali.
L’idea di un faccia a faccia non è nuova nella diplomazia sudamericana, ma arriva in un momento delicato per il paese. L’inflazione resta altissima: secondo la Banca Centrale del Venezuela, il tasso annuo supera il 200%. Le tensioni sociali si sentono nelle strade di Caracas e Maracaibo. Solo ieri, davanti al mercato di Petare, alcuni cittadini hanno espresso paura per un possibile conflitto. “Abbiamo già sofferto abbastanza”, ha detto Maria Rodriguez, 42 anni.
La comunità internazionale osserva: tensioni e attese
La comunità internazionale segue la situazione con attenzione. L’Unione Europea ha chiesto calma e rispetto del diritto internazionale. In Sudamerica, i governi di Colombia e Brasile si dicono preoccupati per un possibile peggioramento. Il presidente colombiano Gustavo Petro ha ribadito che “ogni soluzione deve essere politica, non militare”.
Intanto a Caracas la vita va avanti tra dubbi e speranze. Nei bar del centro si parla delle parole di Maduro e delle mosse di Trump. Gli analisti ricordano che il Venezuela resta un paese chiave per il petrolio: secondo l’OPEC, le riserve superano i 300 miliardi di barili. Ma è anche fragile, sul piano sociale ed economico.
Solo nelle prossime settimane si capirà se prevarrà il dialogo o se le tensioni sfoceranno in qualcosa di più grave. Per ora, tra parole forti e trattative dietro le quinte, Caracas resta al centro dello sguardo del mondo.
