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Rifiuti fotovoltaici: il costo nascosto della fine vita dei pannelli non incentivati

Rifiuti fotovoltaici: il costo nascosto della fine vita dei pannelli non incentivati

Rifiuti fotovoltaici: il costo nascosto della fine vita dei pannelli non incentivati

Roma, 20 novembre 2025 – Il sistema attuale per finanziare lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici non incentivati rischia di non reggere nei prossimi decenni. È questo l’allarme che arriva dallo studio “La gestione nel rifiuto fotovoltaico in Italia: un nuovo modello di finanziamento”, curato dal Laboratorio Ref Ricerche e presentato da Erion Weee, il principale consorzio italiano per i rifiuti elettronici. Dai dati emerge chiaramente che il contributo richiesto oggi non copre i costi reali di smaltimento, con possibili ricadute pesanti sull’ambiente e sulla società.

Un’ondata di pannelli da smaltire nei prossimi anni

I numeri parlano chiaro: entro il 2050, oltre ai circa 300 milioni di pannelli fotovoltaici già installati, se ne aggiungeranno altri 20 milioni. In pochi decenni la quantità di moduli da dismettere crescerà quasi trenta volte. Si passerà dai circa 427mila pannelli smaltiti nel 2025 a più di 12 milioni nel 2050. La massa di rifiuti fotovoltaici salirà da 9mila a 264mila tonnellate all’anno. Un aumento che, avvertono gli esperti, metterà a dura prova tutta la filiera del riciclo.

“Nei prossimi anni vedremo un aumento impressionante dei pannelli da smaltire”, spiega Giorgio Arienti, direttore generale di Erion Weee. “Per ogni pannello c’è un contributo messo da parte in un fondo, ma è del tutto insufficiente per garantire una gestione corretta. Se non si cambia la legge, rischiamo un vero disastro ambientale”.

Il problema è il finanziamento attuale

Oggi, la legge impone ai produttori di pannelli non incentivati di pagare un contributo al momento della vendita. Questa somma finisce in un fondo bloccato, che viene usato solo quando il pannello arriva a fine vita. Negli ultimi anni, però, la concorrenza tra i consorzi ha spinto verso un taglio dei contributi: si parla di circa 1 euro a pannello, una cifra che secondo Erion non basta a coprire spese come trasporto, smaltimento delle sostanze pericolose e riciclo.

“È un azzardo prevedere oggi quanto costerà smaltire un pannello tra vent’anni”, riconosce Arienti. “Il valore delle materie prime contenute è un’incognita totale. I soldi messi da parte sono molti, ma il contributo per singolo pannello resta troppo basso. È un paradosso: nel fondo ci sono milioni di euro, ma non saranno sufficienti per gestire bene il riciclo”.

Rischi per ambiente e società

Lo studio mette in guardia sulle conseguenze di risorse scarse: potrebbero spingere a soluzioni poco corrette, come spedire i pannelli dismessi in paesi senza impianti adeguati o addirittura abbandonarli nell’ambiente. Oltre al rischio diretto di inquinamento – vetro, silicio, argento che si disperdono nell’aria e nel suolo – questa situazione andrebbe contro le regole europee che puntano al recupero dei materiali e a una filiera circolare tutta italiana.

Gli autori dello studio avvertono: un sistema pensato per essere sostenibile e responsabile potrebbe trasformarsi in un problema economico e sociale. “La gestione del fine vita dei pannelli non incentivati è la parte più critica del settore dei rifiuti elettronici”, sottolinea Arienti.

La soluzione: un modello che segue le generazioni

Davanti a queste criticità, Erion Weee propone di adottare per i pannelli fotovoltaici il modello di finanziamento generazionale già usato per altri rifiuti elettronici domestici. Qui, i produttori che immettono prodotti sul mercato ogni anno si fanno carico dei costi di smaltimento proporzionalmente a quanto vendono. Se un produttore esce, subentra un altro che paga la sua quota.

Secondo Erion, questo sistema, già collaudato per frigoriferi e grandi elettrodomestici, è perfetto per un settore in rapida crescita come il fotovoltaico. Nel tempo, poi, nuove tecnologie potrebbero aiutare a finanziare meglio la gestione dei rifiuti.

“Il sistema impiantistico nazionale si sta già attrezzando per gestire volumi sempre maggiori di pannelli da trattare”, conclude Arienti. “Serve un modello di finanziamento aggiornato, che garantisca la sostenibilità nel lungo periodo e eviti lo scoppio di una bolla che provocherebbe danni economici, ambientali e di immagine difficili da recuperare”.